Ai più fortunati di noi, intorno ai cinquant’anni capita un’occasione. Unica.
Ci arriviamo già stanchi delle mille volte che ci siamo già ripartoriti. Ma, arrivandoci, chi di noi fortunati segue l’intuizione capisce che questo parto tardivo sarà qualcosa di molto diverso.
Di profondamente diverso.
Qualcuno non coglierà l’occasione. Ripeterà qualche vecchio schema e barcollerà fino alla fine.
Qualcun altro penserà di averla colta, perché modificherà la superficie pensando di aver fatto la rivoluzione.
Qualcuno, infine, capirà.
E, di norma, capirà chi attraverso la vita precedente si sarà mosso nella verità. Nella verità dei propri tormenti, nella verità delle proprie gioie, nella verità dei propri sbagli. Di norma, capiranno gli autentici.
Quelli che, a quel punto, si dovranno chiedere perché, nonostante tutta la loro verità, lealtà e onestà, siano giunti ad un punto così acuto di sofferenza.
Eh sì. La sofferenza è il nodo cruciale.
Ma, anche quelli che poi non capiscono ci sbattono contro. La differenza è che loro non la attraversano.
Quelli che capiscono, capiscono, di fondamentale, questo: la sofferenza va attraversata. Tutta. Bisogna affogarci dentro, scendere nel profondo, scandagliarne ogni sfumatura. Affrontarla. E con essa affrontarne le radici. L’origine. L’inizio.
È questo che non s’è fatto nei mille parti precedenti. Allora, la sofferenza l’avevamo guardata, ne eravamo stati sopraffatti, senza che il rapporto fosse alla pari. In sostanza, conferendole una stazza e una dimensione differente dalla nostra, l’avevamo evitata. Fuggita. Scansata. Spenta. Sopita. Annegata in altro. Dalla sofferenza ci eravamo distratti.
E quelli che non capiscono lo faranno anche stavolta.
Gli altri, attraverso la discesa, guarderanno in faccia il dolore. E vedranno che non il dolore ma la paura del dolore blocca gli uomini e le donne in un passaggio necessario ad una vita finalmente condotta. Senza paura.
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