– Guardi Emilia…
– Non mi chiamo Emilia, signore…
– Ma io la pago e la chiamo come mi pare.
– Lei mi paga per fare la cameriera, signore.
– Ma io l’accolgo tutti i giorni nella mia casa, si rende conto?
– Perché la sua casa, signore, è il mio posto di lavoro.
– Senta, Emilia, lei vuole continuare a lavorare?
– Certo, signore. Ma il mio nome…
– E allora il suo nome è Emilia.
– Lei mi espropria, signore.
– Prego?
– Lei mi toglie il mio nome proprio.
– E lei mi espropria del diritto di chiamarla come mi pare!
– Non è corretto signore. Io non posso espropriarla di qualcosa che non è suo. Al massimo io, se acconsentissi, le darei una concessione.
– Che impertinenza! Una cameriera che fa a me una concessione!
– Darei, non farei.
– Basta! Lei è licenziata! Con preavviso di 15 giorni, naturalmente. Ora vada a preparare per la grigliata! Ci sono novanta ospiti che non possono certo aspettare lei!
– Bene, signore. Solo una domanda.
– Cosa?
– Lei sa che colore viene fuori se si uniscono tutti i colori?
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