Almost Blue

Sono tornata. Ti devo parlare. Sì, puoi star seduta a terra ad ascoltare. Comincio proprio da questo, anzi. Ti puoi sporcare, che non c’è niente di male, e rotolare nel fango se ti fa star bene. Tanto anche nel fango sai di miele. E puoi ridere, e quanto ti pare, anche se tuo padre ti chiede che ridi a fare. Non è per lui che vivi, ma per te e l’universo che ti sostiene. E non dar retta a mamma, lei ha da fare, piangi se hai voglia, piangi che piangere è solo un modo d’amare.

E quelle ginocchia sbucciate, non ascoltare, non mostrano debolezza ma lucida fierezza, falle sanguinare. E, piccola mia, cammina come ti viene, che non sei lenta, sei il passo che tiene alla distanza, quello che di arrivare non si stanca. Per tutti i tuoi nomignoli non ti arrabbiare, sorridi che ti vogliono solo incatenare. E ricordati sempre che sei la figlia, e la sorella, non la madre. Hai mani troppo piccole per trattenere quelle dei grandi che non sanno amare. E preparati. Tra pochi anni quando ti manderanno in camera a cambiarti non ti sentire sporca. Sono gli sguardi ad esserlo, lo sa bene chi ti ha insegnato a sigillar la porta. Ha solo paura di questa bellezza che non aspetta. Tu paura non averne, per tutti i draghi che verranno hai mani cuore e testa . E quando, tra alcuni anni, gli uomini iguana ti verranno a cercare, per vestirsi di te, senza di te meritare neppure un fiato, sicura li saprai scacciare . Adesso alzati. Vedi? Ho aperto la porta. Fuori, l’intero universo. Che aspetta.

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